Tornati al porto di Cai Rong ci aspettano 231 chilometri di viaggio per raggiungere Ninh Binh, meta dalle caratteristiche colline e attraversata da fiumi percorribili con delle barche a remi. La catena montuosa che caratterizza le isole della Baia di Ha Long (le isole sono le vette delle montagne) prosegue lungo il centro-nord del Vietnam. Difatti le colline di Ninh Binh sono identiche, come forme e colori, alle isole della Baia. Ma non può mancare l’imprevisto! La moto di Cristian ha i suoi primi problemi (attenti ho scritto “primi”) e casualmente ci fermiamo proprio davanti ad un meccanico, nel paesino di Nam Dinh, a circa 30 chilometri dall’arrivo. Scopriamo che il problema è di natura elettrica, il motorino di avviamento si è fuso e con esso qualcos’altro di imprecisato. Ne approfittiamo per rifiatare e dissetarci, ma Cristian non è affatto felice. Il diario di bordo segna già “Giorno 9”, ma in realtà è soltanto il secondo viaggio a bordo delle nostre moto. Sinceramente non ci saremmo mai aspettati dei problemi nel giro di così poco tempo, ma d’altronde non si dice “You get what you pay”? Poco importa, le solidissime e indistruttibili Honda Win (ma Win in che senso?) si riparano in poco tempo e al costo di pochi dollari: è in quel momento che propongo un patto al mio compagno di sventure, condivideremo tutte le riparazioni meccaniche. Che ad avere problemi sia la mia moto o la sua poco importa, le abbiamo comprate e scelte assieme, per cui appartengono ad entrambi.

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2° Tappa, Minh Chau – Ninh Binh.

Ci sistemiamo in un Ostello vicino al fiume Tam Coc con camerate da 22 letti e facciamo la prima conoscenza italiana in Vietnam, Sara. Zaini buttati in ogni dove, odore di viaggio e di biancheria sporca, luce soffusa e bagno unico per 22 cristiani… andata! Il tempo di una doccia e via verso il centro della città, prendiamo una moto soltanto e andiamo alla ricerca del Com chay: una mia cara amica, Huong Anh (Vanessa per gli amici stranieri), mi aveva consigliato di provare questo piatto una volta giunti a Ninh Binh ma la ricerca non è affatto semplice, ci mettiamo parecchio a scegliere il posto più consono e alla fine scegliamo il primo visto in partenza, perché cartelli di ristoranti con la scritta “Com chay” non ce ne sono poi tanti. Cristian non si fida e prende una classica zuppa di pho, io invece prendo quel piatto tipico e non me ne pento: riso tostato da immergere in una zuppa con carne di capra. Ottimo.

Compriamo della frutta esotica e via a giocare a biliardo e a scolarci un paio di birre: a fine viaggio, ripensando a tutto il tempo passato a giocare attorno a questo fenomenale gioco da tavolo, ammetteremo che i biliardi degli ostelli sono dei graditi valori aggiunti. La monotonia di essere sempre assieme e di finire i discorsi tra noi due potrebbe rivelarsi pesante, a lungo andare e i primi segnali stanno già arrivando con litigi infiniti e dibattiti su ogni cosa.
Certamente è lo stress del viaggio in moto, bello ma non esattamente comodo, la principale causa dei nostri litigi ma ciò porta a galla lati del nostro carattere poco concilianti e problemi irrisolti e mai affrontati. Delle varie discussioni ne parlerò a tempo debito, ora posso semplicemente dire che io e Cristian ci assomigliamo molto: entrambi siamo delle prime donne (parlo per me, ma non mi faccio nessun problema a puntare il dito anche verso di lui), vogliamo sempre avere l’ultima parola sulle decisioni da prendere e cerchiamo di farlo in maniera indiretta, educata e senza usare la forza bruta; per cui questo diventa un gioco, che vincerà chi mette più cervello e astuzia. Il gioco di questa giornata sta però finendo e siamo pronti a rincasare e prepararci per il giorno seguente. L’obiettivo è visitare ciò che di meglio può offrire Ninh Binh, cioè Trang An River, Hoa Lu Gate e Bai Dinh Temple. Iniziamo la nuova giornata facendo l’imperdibile giro con la barchetta a remi sul fiume Trang An invece che su quello più vicino al nostro ostello (Tam Coc) seguendo il consiglio della ragazza italiana conosciuta la sera precedente. Meglio così, nel 2011 ho fatto un giro in barca sul fiume Tam Coc e adesso posso dire che le due esperienze sono molto simili: durante il giro, accompagnati da una rematrice rigorosamente donna, si attraversa il fiume per circa un’ora e mezza passando attraverso piccole gallerie e in vallate mozzafiato. Il tutto è molto caratteristico e coinvolgente, ma in aggiunta l’accompagnatrice vietnamita chiede di darle una mano porgendoci due remi singoli. Noi remiamo con le braccia, sudando e coprendoci il capo con qualsiasi indumento possibile, mentre lei rema con le gambe sfoggiando in tranquillità tutto il suo stile oramai consolidato!
Successivamente andiamo a vedere la porta di Hoa Lu, antica capitale di tre dinastie più di mille anni or sono che comprende anche le pagode di Bai Dinh, ma per raggiungerle dobbiamo nuovamente spostarci con la motocicletta. È una giornata particolare, tante sono le nuvole che permettono al sole di uscire solo per qualche secondo e ciò rende l’aria afosa e dal caldo insopportabile. Giunti a Bai Dinh siamo shockati dalla maestosità di questo complesso, che comprende la bellezza di quattro templi (di cui il primo di pianta circolare e con un campanile di bronzo) i quali si susseguono lungo tutta la collina principale della vallata; per proseguire da un tempio all’altro si cammina lungo una due delle due arcate laterali colme di statue. Il complesso comprende inoltre una torre costruita volutamente pendente, cosa che non sappiamo spiegarci diversamente dato che tutti gli edifici sono stati inaugurati nel 2010. Infine troneggia una gigantesca statua del Buddha. Il giro completo ci costa più di due ore di tempo ma soprattutto litri di sudore versati in una calda giornata estiva vietnamita. Torniamo all’inizio del percorso giusto prima che scoppi il classico temporale della stagione delle piogge, e quello che succede da lì a poco ci stupisce particolarmente un gruppo di ragazzi del ristorante vicino al parcheggio, vedendoci sdraiati al riparo in attesa che smetta di piovere, ci invita nel loro stanzino e ci pregano di riposarci nel letto che era lì a a disposizione. Inizialmente siamo allibiti, increduli e detto molto sinceramente anche un poco timorosi, poi accettiamo dopo i primi tentennamenti. Mentre Cristian fa i video ai ragazzi che urlano giocando a carte, un classico scenario vietnamita che scopriamo proprio in quel momento, io personalmente dormo almeno una mezz’ora. Finito il temporale torniamo a casa e replichiamo la fine serata del giorno precedente: giocando a biliardo. La giornata si conclude così, ma ciò che ricorderò con più piacere è il giro in motocicletta da uno spostamento all’altro, la brezza che ci rinfresca e i panorami mozzafiato di queste collinette che sembrano essere state create per caso. Bellissimo. Il giorno dopo ci attende il viaggio verso Cua Lo, lì passeremo anche il giorno seguente in attesa di incontrarci a Dong Hoi con Vanessa e Cuong.

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Complesso di Bai Dinh, vista sulla Il giro in barca. vallata.

Sveglia di buon ora, l’acquolina in bocca al solo pensiero di fare colazione in uno dei tanti banchetti presenti lungo la strada che vendono ananas freschissimi (scoprendo in quei momenti come un ananas cresce nel terreno), ma il contrattempo è sempre dietro l’angolo: mentre carichiamo gli zaini sopra alle nostre rispettive motociclette sono tutto preso in una conversazione con il proprietario dell’ostello, proprietario anche dell’hotel dall’altra parte della strada, che mi racconta delle sue precedenti esperienze a due ruote e molto interessato, si informa sui nostri programmi della giornata e di quelle successive. Ad un certo punto, Cristian nota che il tappo del suo serbatoio è girato di 180 gradi rispetto a come lo richiude di solito. Nel rimetterlo nel senso giusto controlla il livello della benzina, ma il serbatoio è ovviamente mezzo vuoto. La cosa non è possibile visto che abbiamo fatto il pieno giusto qualche chilometro prima di arrivare a Ninh Binh. Da lì ne scaturisce un litigio per più di una ventina di minuti tra me e il proprietario dell’ostello: inizialmente gli faccio notare che la responsabilità è sua, siccome le moto sono state parcheggiate tutta la notte in una sua proprietà privata, “sorvegliata” da un guardiano notturno. Successivamente sembra comprendere l’accaduto e ci porta della benzina, ma durante il rabbocco del serbatoio sentenzia il lavoro appena terminato con un “1l = 25mila Dong”. La cosa non ha senso per due motivi: in primo luogo, ormai è chiaro che sia stato lui a svuotare il serbatoio di Cristian (l’abbiamo usata per una cinquantina di chilometri e le moto hanno un’autonomia superiore ai 200) per poi rivenderci la stessa benzina; in secondo luogo vuole addirittura rivenderci la benzina ad un prezzo più caro rispetto a quello che si può trovare in uno dei tanti benzinai. Lo accuso di furto e lo metto in imbarazzo davanti a tutti, dato che ormai sono quasi le 8 e molta gente si prepara al proprio tour giornaliero. Quindi gli faccio svuotare “nuovamente” il serbatoio e me ne vado non prima di averlo riempito di insulti. In qualche modo devo pur sfogarmi ma ormai Cristian mi sta aspettando nella strada che porta alla AH1 verso sud. In quel momento decidiamo di arrivare in un ogni futura destinazione con i serbatoi vuoti, facendo Complesso di Bai Dinh. L’immagine che ho del Vietnam è ancora bellissima, lì presente senza nemmeno una scalfitura e piena zeppa di persone sorridenti pronte a darti un aiuto. Giriamo pagina sull’accaduto, facciamo colazione come previsto a base di ananas (i più piccoli e dolci mai mangiati in vita mia) e proseguiamo verso Cua Lo, un piccolo paesino vicino alla più grande città di Vinh. Lungo la strada, ad un certo punto, noto che una “vera” moto si sta avvicinando a Cristian, fino a quando la passeggera seduta dietro il guidatore inizia a parlargli. Huy e Dung sono una coppia di Hanoi: lui cuoco, lei cameriera nello stesso albergo. Sono in viaggio verso Da Nang (al centro del Vietnam) per incontrarsi con alcuni amici per una riunione estiva che sia raggiungibile da vari amici provenienti da diverse parti del Vietnam. Decidiamo di fare la strada assieme, perché no? Tre motociclette che viaggiano sono sempre meglio di due, inoltre io e Cristian abbiamo ancora molti chilometri da fare in solitaria, meglio approfittare di situazioni di questo tipo. Loro hanno intenzione di fermarsi a Vinh per la notte, ma cambiano idea e poco dopo l’ora di pranzo arriviamo a Cua Lo. In fondo a loro poco cambia scegliendo di dormire lì, visto che il paesino dista appena 10 chilometri dalla sua provincia. Anzi, la prospettiva di godersi le ore restanti del pomeriggio al mare li convince, allora pranziamo e alloggiamo nello stesso albergo. Dopo qualche ora di spiaggia, per niente divertente senza il mio utilissimo frisbee, facciamo una cena a base di gamberoni e costolette di maiale, decisamente tra i più buoni mai provati in vita mia, il tutto accompagnato dall’immancabile riso (Cristian inizia già a non poterne più) e da una verdura molto simile agli spinaci (chiamata morning glory).  Subito dopo è ora di una passeggiata digestiva lungo il litorale del paese, una camminata un po’ come quelle che si fanno nei paesini liguri d’estate. Ci imbattiamo in un gruppo di laotiani in viaggio premio in Vietnam: ballano, mangiano e soprattutto bevono in piedi ascoltando musica del loro paese a tutto andare che fuoriesce dalle casse gentilmente offerte dal padrone della spiaggia. Ci offrono birre a volontà, ulteriori frutti di mare che non mi spiego come io riesca ancora ad ingurgitare dopo la cena appena conclusa, ma soprattutto ci insegnano i passi base della loro musica tradizionale. Ballare ci piace molto, Cristian addirittura gareggia in competizioni dilettantistiche in balli latino-americani e quindi l’abbiamo un po’ nel sangue. Possediamo un certo animo nell’imparare che ci porta a impiegare il nostro tempo in situazioni di questo tipo, che mi ricordano Carlo Taglia quando parla delle sue esperienze in America Latina. Questo siparietto va avanti almeno tre quarti d’ora, tra birre, gamberoni e gambe che si muovono (le mie e quelle di Cristian, i laotiani sono completamente ubriachi): loro totalmente storti ci insegnano due o tre movimenti, noi li ripetiamo pronti ad accogliere nuovi insegnamenti ma l’input laotiano non contro-risponde, rimane fermo lì a ridere e a divertirsi. Ho ancora il dubbio se i balli laotiani siano veramente così facili da eseguire o se, molto semplicemente, i ragazzi siano pessimi insegnanti nell’illustrarci i passi e facendoci ascoltare quelle pacifiche canzoni. Ricordo con emozione questo momento, l’ospitalità che ci danno è molto accogliente e calorosa. Sono episodi come questi che valgono un viaggio intero, pochi minuti, secondi o attimi che giunti a destinazione ti fanno capire che il viaggio è ciò che vivi nel raggiungere la meta prefissata, l’ennesimo punto di arrivo ma allo stesso tempo, punto di partenza di un nuovo viaggio, sebbene non nel vero senso della parola. Ci salutiamo dopo circa un’ora, l’atmosfera è piuttosto calda e quasi incontrollabile, ma gioiosamente chiamano un paio di taxi e zigzagano verso i rispettivi posti a sedere. Ovviamente il più ubriaco di tutti è l’autista del pullman, il quale il giorno seguente dovrà riportare tutta la carovana in Laos, auguri!

 

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Huy, io, Cristian e Dung durante una pausa.
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3° Tappa, Ninh Binh – Cua Lo.

Il giorno seguente lo passiamo a riposarci e a ricaricare le batterie, le prime uscite motociclistiche ci hanno già fatto capire quanta fatica dovremo ancora affrontare in quelle successive, specialmente considerando i lavori in corso presenti nell’AH1 che costeggia tutta la costa vietnamita: un incubo! In media ogni due o tre chilometri è presente una strada sterrata in procinto di essere totalmente ricostruita, ciò spezza il ritmo del nostro viaggio ma soprattutto le nostre schiene che, giorno dopo giorno, non riusciamo a capire se facciano più male o se si stiano pian piano abituando al dolore. Queste condizioni ci accompagnano fino a Nha Trang, la penultima tappa vietnamita. Per cui la giornata la passiamo in spiaggia, rilassandoci e osservando le abitudini vacanziere vietnamite, le quali sono molto diverse dalle nostre: i vietnamiti sfruttano le ore iniziali e quelle finali delle giornate, evitando di abbrustolirsi sotto un sole tropicale durante le ore più calde. In effetti il sole è molto forte e il rischio di bruciarsi piuttosto alto, ma io e Cristian non temiamo questo pericolo in quanto le nostre carnagioni sono già piuttosto scure di base. Ne approfittiamo per “colorare” il nostro corpo anche in quelle parti che copriamo guidando: abbiamo già i segni delle magliette per colpa delle lunghe ore passate in moto! Il giorno seguente lasciamo il piccolo paesino di Cua Lo e ci incamminiamo verso Dong Hoi, lì incontreremo Vanessa e Ryan per passare alcuni giorni assieme a loro. Appena lasciato il paesino ci imbattiamo in una prova di parata militare che si sta tenendo in una caserma, cosa che ci lascia stupiti. Ci fermammo a guardare e a fare alcune fotografie: la scena è impressionante, mai in vita mia ho visto una coordinazione così precisa e affinata durante una parata, ad esser sinceri mai ne ho vista una dal vivo e direi che questa sia sincronizzata perfettamente. Questo spettacolo di fronte ai nostri occhi mi permette di elaborare dei pensieri contrastanti e renderne partecipe il mio amico Cristian. Nonostante il Vietnam non sia più in guerra da diversi decenni (dopo la famosa guerra tra nord e sud del paese ci fu quella con la Cambogia, il conflitto ebbe origine dalle dispute territoriali esistenti tra i due Stati), il paese mantiene un forte sistema militare in cui l’obbligo di leva riguarda anche le donne, le quali diedero un appoggio fondamentale durante la guerra tra nord e sud. Oggi ci sono forti frizioni tra Vietnam e Cina, motivo di tale disputa riguarda alcune isole contese. Nonostante tutto ciò, molti vietnamiti chiedono a gran voce di superare (non dimenticare) il ricordo Huy, io, Cristian e Dung durante una pausa. 3° Tappa, Ninh Binh – Cua Lo. presente negli stranieri, i quali troppo spesso e senza vergogna affrontano i discorsi sulla guerra e chiedono un punto di vista dei locali. Sono passati ormai 41 anni dalla conclusione di quella stupida guerra, facciamola finita perché il Vietnam è altro ormai! Ripartiamo poco dopo per macinare i successivi 218 chilometri, consci del patriottismo e della dedizione alla causa presenti in questo paese.

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4° Tappa, Cua Lo – Dong Hoi.

Arriviamo a Dong Hoi verso l’ora di pranzo, ormai abbiamo preso il ritmo mattiniero perfetto per sfruttare le ore migliori della giornata. Considerando inoltre la stagione delle piogge bisogna evitare assolutamente di guidare dal tardo pomeriggio in poi: di solito inizia a piovere proprio in quelle ore e in aggiunta si fa pericoloso guidare con il buio. Via di corsa nel primo ostello degno di nota presente su Tripadvisor e pomeriggio in spiaggia, perché pure qui non è affatto male e piuttosto simile a quelle in cui siamo già stati. Serata a giocare a biliardo assieme ad altri inglesi in ostello (ringraziando Luigi XI, la prima persona ad ordinare la costruzione di un tavolo da biliardo vero e proprio, spianando la strada alla sua progressiva popolarità) e via a dormire, la mattina presto si va alla stazione a prendere Vanessa e Ryan. La stazione di Dong Hoi non è affatto lontana dal centro del paese, considerando la sua grandezza la cosa non stupisce ma non sempre è così scontato in Vietnam. Le moto-taxi (xe om in vietnamita), cioè io e Cristian, recuperano gli amici e vanno a fare colazione al mercato del paese. Cristian non è molto incline a mangiare piatti salati di buon ora al mattino, e di solito pure io, ma quel mattino facciamo uno strappo alla regola della routine yogurt cereali e provo un piatto a base di noodles e carne abbastanza piccante, troppo piccante per la colazione! Quindi perdiamo Cristian per almeno 15 minuti, lo cerchiamo in tutti i banchetti del mercato e faccio almeno una volta tutto il giro di esso; tornato al punto di partenza sto veramente iniziando a preoccuparmi ma poco dopo lo vedo arrivare con chili di frutta e un panino con gamberetti crudi dentro. A quanto pare ha cambiato idea, fin troppo. Passiamo la giornata in spiaggia, tra uno scroscio di pioggia e l’altro e pianificando l’escursione del giorno seguente nelle grotte presenti nei dintorni del paese: dobbiamo solamente scegliere quali, e optiamo per “Paradise Cave”. La mattina dopo compriamo del pesce freschissimo da cucinare la sera in spiaggia e partiamo alla volta di quelle meravigliose grotte. Ryan decide di non venire, colto da un improvviso senso di pigrizia e rimane in ostello a lavorare sulla sua application per andare a studiare in Germania.

4° Tappa, Cua Lo – Dong Hoi. Fermi durante una pausa.

Ora io scrivo dal Vietnam e Ryan è realmente in Germania a studiare… Strana la vita. I 70 chilometri che separano il paese dalle grotte sono molto lunghi, certamente il peso di un passeggero e la strada di montagna influisce sul percorso, ma incontriamo anche molti animali che allegramente pascolano ai lati della strada, decidendo di fare i loro bisogni nella strada stessa quando è giunto il momento di porre fine alla digestione.
Arrivati alle grotte ormai tutto ci sembra super organizzato per un turismo quasi di massa, ma lo spettacolo di fronte a noi è molto piacevole, con una camminata dal parcheggio all’entrata delle grotte (volendo si può prendere un minibus, ma lo sconsiglio siccome il percorso è solo di un chilometro): l’itinerario all’interno è piuttosto lungo e sono presenti vari punti in cui si possono fare facilmente delle belle fotografie, riposarsi o semplicemente ammirare in tranquillità questo scenario del tutto singolare.
Il ritorno in moto è emozionante almeno quanto l’andata, la strada è parte della Ho Chi Minh Road, la quale 50 anni prima connetteva Hanoi a Saigon e si rivelò fondamentale alle truppe del nord per fornire supporto, umano, di armi e di cibo, alle truppe nord-vietnamite presenti nelle zone di guerra. Oggi questa strada è molto famosa e apprezzata, soprattutto per la classica Hanoi – Ho Chi Minh in motocicletta, sebbene molte persone scelgano la strada della costa (come eravamo in procinto di fare io e Cristian), alcuni invece scelgono la prima per addentrarsi nei meandri del vero Vietnam, quello di montagna e meno influenzato dai recenti sviluppi del paese. Arriviamo in città e c’è un litigio abbastanza spinto tra me e il mio compare (di cui prendo nota ed eccomi qui a scriverne). Il tutto nasce da uno stupido semaforo per il quale ci perdiamo momentaneamente per alcuni minuti. Cristian mi colpevolizza di non averlo aspettato ma in realtà io lo stavo aspettando giusto dopo l’incrocio ma lui non vedendomi gira dalla parte sbagliata. Insomma, litigi stupidi dovuti alla noia che prende dopo lunghi momenti di silenzio, litigi che si fanno per riempire il tempo. Arrivati finalmente vicino all’ostello la moto di Cristian ha nuovamente dei problemi. La diagnosi del meccanico sentenzia un trapianto di batteria e un altro componente non ben identificato. Poco male, di nuovo una questione di pochi dollari. Il tempo di una doccia, una vera e non sotto la pioggia in moto, dopodiché andiamo a cenare in spiaggia. Affittiamo una piccola piastra da una signora che gestisce un chioschetto e che provvede a
pulire tutto il pesce ad una cifra veramente modica. Una serata veramente rilassante, piena di cibo, birra, chiacchiere e musica rilassante di fronte ad un mare calmo e un tramonto che, secondo dopo secondo, ci mostra dei colori unici, tipici a queste latitudini. Successivamente, prima di mezzanotte, accompagniamo i nostri amici alla stazione. È già giunto il tempo dei saluti e il giorno seguente la strada ci aspetta: direzione Hue, la vecchia capitale del Vietnam.

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Di Gianluca Bigio 

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