Road to Hue ed ho già un piano perfetto per i 171 chilometri di viaggio, il quale permette delle pause lungo il suo percorso, perché molto agevole e ridotto. La prima pausa prevede uno stop ai tunnel di Vinh Moc, la seconda uno stop in una spiaggia, entrambi visitati tre anni prima durante il mio precedente viaggio in Vietnam. A circa 100 chilometri a sud di Dong Hoi ci sono i tunnel di Vinh Moc, provincia di Quang Tri nella vecchia zona demilitarizzata durante la guerra. Questa zona era considerata strategica, in quanto ubicata al confine tra il Nord e il Sud del paese. I tunnel furono costruiti dalla popolazione locale a seguito del bombardamento massiccio effettuato dagli aerei e navi appostate in mare lungo la costa. Gli americani pensavano che gli abitanti di Vinh Moc dessero rifornimenti di qualsiasi genere ai guerriglieri nord vietnamiti, per cui iniziarono a bombardare quest’aerea con bombe che permettevano di distruggere tutto fino ad una profondità di 10 metri. Quindi la peculiarità di questi tunnel sono la loro profondità, essi arrivarono a circa 30 metri garantendo sicurezza e la conduzione di una vita che permise, come minino, di salvaguardarla. Nei tunnel sono presenti stanze che furono adibite a cucine, camera da letto, ripostigli per le armi e stanze in cui le donne potevano partorire: qui vissero 60 famiglie e più di 15 persone, oggi, possono ancora dire di essere nate nei tunnel di Vinh Moc durante i diversi anni di bombardamenti. Raggiunto questo reperto storico non molto battuto dal turismo occidentale (i tunnel di Cu Chi vicino ad Ho Chi Minh sono molto più visitati ma anche più riadattati per un turismo massiccio) sono immediatamente invaso da un ricordo: dal viaggio di tre anni prima rammento la presenza di una bellissima vecchietta che accoglieva i turisti all’ingresso e che partorì un figlio nei tunnel durante i bombardamenti americani. La ritrovo lì, ancora con un volto sorridente a masticare e a fumare tabacco. Questa volta le chiedo quante primavere abbia già vissuto: a luglio del 2015 ha la bellezza di 86 anni. Intraprendiamo quindi il giro sotto i tunnel e faccio da guida al mio amico Cristian, spiegandogli molte delle cose che già so sulla vita nei tunnel; a fine del percorso è possibile ammirare dalla costa il mare, immaginarsi le navi in lontananza che per lunghi anni bombardarono un piccolo paesino che dovette trasferirsi poco più in “giù”, ma che riuscì a sopravvivere senza perdere nessuna persona, o almeno così si tramanda.
Finito il tour dei tunnel accendiamo i nostri bolidi per pochi chilometri e costeggiamo il mare in cerca del punto migliore per fermarci nuovamente, ma questa volta solo per fare il bagno in unadelle bellissime spiagge deserte che vediamo sulla nostra sinistra. Scelto il punto più deserto ci addentriamo nella spiaggia per un po’ di sano off-road; la cosa è molto divertente in quanto le ruote posteriori spesso si affossano nella sabbia non battuta, ciò anche per colpa del peso dei nostri zaini allacciati sulla parte posteriore delle moto, quindi un po’ per gioco un po’ per sano masochismo mettiamo le moto alla frusta e pian piano le parcheggiamo a pochi metri dal bagnasciuga. Attorno a noi uno spettacolo meraviglioso, spiaggia bianchissima tutta nostra con poche barchette di forma circolare usate dai pescatori durante la notte e un mare quasi cristallino e calmo pronto ad attenderci. Ci denudiamo senza vergogna e ci godiamo il relax per almeno un’ora, durante la quale non passa anima viva o almeno non ci facciamo affatto caso… Alla vista di due turisti nudi in
spiaggia potrebbero anche essere scappati, chi lo sa? C’è da dire che se questo momento fosse vissuto con il mio mitico frisbee avrebbe un sapore diverso, potremmo godere di metri e metri tutti per noi senza avere quel poco di timore che assale quando si gioca in mezzo alle persone, specialmente con i bambini e le loro madri che si infuriano quando il frisbee finisce dritto dritto in testa al loro piccolo pargoletto. Quante volte è successo!
Foto di rito, foto da scemi e via di nuovo in sella, pieni di sale che puntualmente inizia a dare fastidio nelle parti più delicate del corpo. Pranzo molto spartano nel mercato di Quang Tri, in cui doniamo dei “chom chom” a un senzatetto che chiede l’elemosina su una scalinata e poi road to Hue. Beviamo giusto un caffè poco prima dell’arrivo e giungiamo più carichi che mai in questabellissima città. Qui vedete una foto delle due motociclette in spiaggia. Tre anni prima ne feci una con la mia moto come unico soggetto. Ora, guardandole entrambe sul mio laptop, penso a quanto sia incredibile la somiglianza del panorama sullo sfondo e credo che forse ci siamo fermati in una zona che potrebbe essere realmente stata la stessa di quando mi fermai durante il mio precedente viaggio.
Hue è una città incantevole situata nel bel mezzo del paese, perfettamente al centro del Vietnam. Vecchia capitale conserva ancora la cittadella imperiale e varie tombe degli imperatori che regnarono qui; in più la presenza del fiume dei profumi (Huong) dona alla città dei colori fantastici all’alba e al tramonto.
Le attività da fare in questa città insomma non sono poche ed io consiglierei di spendere qui come minimo due giorni se non tre, per guastarsi al meglio una città storica ma lontana dal caos e dalla frenesia di Hanoi o di Saigon. Noi purtroppo o per fortuna abbiamo come progetto un viaggio interminabile, quindi riuniremo le attività che ogni comune mortale compierebbe in due giorni in un giorno soltanto. La sera appena arrivati scegliamo con la nostra solita tecnica un hotel economico.
Ogni volta che raggiungiamo una città nuova chiediamo i prezzi e controlliamo la qualità delle camere, ma in realtà potremmo anche dormire in una bettola, secondo le nostre esigenze! Eppure questa è soltanto una tecnica per cercare di accaparrarsi un prezzo più basso, in quanto l’attesa e l’incertezza che dimostriamo fa sì che i gestori ci cedano un piccolo sconto. Fu così che dormiamo al “Why not?” per 10 euro da dividere in due. Giretto in moto attorno alle mura della cittadella splendidamente illuminata dopodiché la sera andiamo in un ristorante consigliatoci da Vanessa, nel quale è possibile avere un menù fisso per pochi dollari e gustarsi uno (o anche due o tre come feci io) creme caramel con polpa di passion fruit. Insomma roba da gente che ha fame e divora. Questo ben di Dio lo potete trovare al ristorante Quan Hanh, in via 11Pho Duc Chinh. Il giorno dopo la sveglia suona presto e siamo pronti a girare per la città con un ritmo sostenuto. Fa caldo e ciò non ci aiuta a goderci appieno la giornata. Nel mattino andiamo alla cittadella imperiale, luogo affascinante e pieno di mistero che vista da fuori lascia intendere tutta la sua maestosità e l’importanza che ebbe nei secoli addietro. Nell’avvicinarci all’entrata mi viene in mente un paragone che avevo fatto poco più di un mese prima: mi trovavo in Colombia a Cartagena e lì, visitando la fortezza costruita in epoca coloniale dagli spagnoli allo scopo di difendersi dagli assalti delle flotte inglesi, mi venne in mente la somiglianza tra questa costruzione e quella presente ad Hue. Costruite per motivi, utilità e periodi diversi, hanno una somiglianza tale da ricordarmi l’un l’altra. Nel momento della nostra visita nella cittadella ci sono grandi lavori di restauro che non ci permettono di gustarci appieno il complesso, difatti Cristian ne rimane deluso.
Non posso che condividere il suo stato d’animo. Ma la cosa si ripresenta anche nel pomeriggio, quando andiamo alle tombe degli imperatori: pure lì c’è un via vai di operai che mi lascia alquanto perplesso. Proprio in alta stagione turistica devono fare questi lavori di restauro? Si nota da lontano un miglio che sono lavori piuttosto corti da eseguire e senza alcuna urgenza, come ad esempio il rifacimento di alcune pavimentazioni e il restauro di pochissime mura secondarie. Ciò non diminuisce l’apprezzamento per i dettagli, le tombe stesse furono costruite con una precisione maniacale e i mosaici con cui vennero realizzati sono ancora oggi in ottimo stato. Nel tardo pomeriggio è la volta della Thien Mu Pagoda, un complesso che si erge su una collinetta e che ospita una lunga scalinata con cui si arriva ad una torre, la pagoda e a molte statue. Qui, a differenza di mille altre pagode che si possono visitare in Vietnam, si può respirare e percepire una vera e propria spiritualità dovuta dalla presenza di monaci che vivono in questo complesso. In più il tramonto che si sta avvicinando ci permette di godere dei magnifici colori del fiume dei Profumi. La location è perfetta e possiamo goderci le ultime ore di “riposo” prima di dover cavalcare di nuovo i nostri bolidi, prossima destinazione Hoi An.
Oramai siamo nel vivo del viaggio, lo percepiamo e siamo consapevoli di quello che stiamo vivendo. Non come all’inizio, poiché i primi giorni di una nuova esperienza sono sempre i più confusi, quelli passano senza sapere bene come e non ne realizzi il valore nell’immediato. Ma in questo momento tutto è diverso, Saigon non è più così lontana e i cartelloni stradali ci confermano che abbiamo già attraversato più di metà del paese. Tutto passa così in fretta, come il trailer di un film, ma si capisce che le giornate sono rese eterne dalle ore interminabili in motocicletta, ad un’andatura media di 60 Km/h e i dolori che di conseguenza ci procura. Le nostre abitudini sono diventate tali: foto davanti alle pagode camminando sulle braccia a testa in giù, video da mandare agli amici in Italia, non farsi la barba con l’intenzione di resistere per tutta la durata del viaggio, ma anche molto altro…
Ogni città è semplicemente una tappa di un lungo viaggio, potrebbe essere la meta finale o l’inizio, ma ciò dipende dalla volontà nel proseguire per scoprire posti nuovi. Viaggiando si scopre che non cambiano solamente i paesaggi, ma cambiano fusi orari, culture, aspetti estetici, cibi ma sopratutto cambiamo noi. Ci adattiamo alle esperienze che viviamo e che metabolizziamo come bocconi difficili da deglutire e che pian piano vengono digeriti dal nostro inconscio. Certe volte ce ne L’ingresso della cittadella. Hue La torre di Thien Mu. Hue rendiamo conto ed altre volte invece no, ma ciò non è importante poiché il cambiamento è in atto e ci trasmetterà energie di cui prima o poi nella vita avremo bisogno. Il diario segna “day 18” e annoto la sveglia alle 7 del mattino. La tappa Hue-Hoi An prevede una cavalcata di soli 126 chilometri, ma che anche in questo caso riempiamo con piccole escursioni intermedie. Prima cosa da fare è il cambio dell’olio del motore, perché abbiamo già sforato i 1000 chilometri consigliatici dal venditore, cosa che facciamo nella periferia sud di Hue. Successivamente procediamo verso la piccola catena montuosa che geograficamente e meteorologicamente divide il paese in due. Camion e bus possono tranquillamente procedere attraversando un lungo tunnel, ma i motocicli sono obbligati a svalicare attraversando il passo di montagna chiamato “Van Pass”. Prima di arrivare alla collina, se ne oltrepassano altre più piccole ed è in una di queste che incontriamo un signore che vende cartoline in una sosta lungo la strada. Parlando e chiedendo informazioni sulla zona mi chiede se ho con me qualche moneta da collezione gli rifilo alcuni cent di dollaro avanzati dal mio viaggio a Panama e qualche cent di euro. Ne esce un’informazione molto preziosa: tornando indietro di qualche chilometro e svoltando ad un certo punto incontreremo una piccola sorgente con relative piscinette d’acqua dolce chiamate “Suoi Voi”.
Non esitiamo un momento e torniamo indietro nella strada polverosa colma di lavori in corso ed in poco tempo siamo già a goderci il relax dell’avventura e della vita alla giornata. Si prova molto più gusto nel vivere esperienze di questo tipo, consigliate e prese al volo nel giro di pochi secondi!Fatto sta che facciamo i tuffi da varie rocce e ci rilassiamo con piccole cascatelle che sfruttiamo appositamente per massaggiare le nostre schiene mezze distrutte. Qualche foto con un masso minuziosamente lavorato a forma di elefante e dopo un pranzo veloce siamo di nuovo in sella a divertirci sulle tortuosissime curve lungo il passo di Van. Non ricordo di precisione quanti chilometri siano, una ventina credo, ma ce li gustiamo a passo sostenuto godendoci curve a gomito o curve lunghe da fare a gas aperto, una manna dal cielo! In men che non si dica scendiamo dall’altro versante in direzione Da Nang. Questa città si sta sviluppando a vista d’occhio e si sta imponendo come terza città più importante del Vietnam. Sinceramente non ci trovo nulla di speciale. perché appare come una città totalmente nuova e poco “vietnamita”. Ci fermiamo per bere un caffè e ripartiamo prendendo una strada che costeggia il mare per una quarantina di minuti. Guidiamo appunto poche altre decine di chilometri e giungiamo alla bella e romantica Hoi An, famosa in tutto il paese per i suoi negozi di sartoria e le luci soffuse che la sera la rendono una meta perfetta per coppie sdolcinate. Il paese è molto carino e le spiagge lungo il litorale non sono affatto male, sicuramente meglio di quelle nel nord del Vietnam. Si sa che più si va a sud e migliori sono le spiagge. Noi non ne approfittiamo in quanto abbiamo in programma di stare un po’ a Nha Trang e successivamente di farci coccolare dalla sabbia bianca delle spiagge tailandesi, quindi cerchiamo un hotel con il nostro solito metodo. Però questa volta decidiamo di puntare un po’ più in alto. Per 10$ a testa dormiamo in un albergo lussuoso secondo i nostri standard e passiamo parte della serata a non far nulla (ogni tanto è proprio bello) nella piccola piscina a disposizione. La nostra camera dà sulla piscina stessa e per alcune ore si crea proprio quella sensazione di pace dei sensi che le buche e la polvere stradale proprio non riescono a darti. Lascio a Cristian il tempo di combinare qualche disastro e lui rompe la tendina della vasca da bagno: tutto è provato da una foto in mio possesso! Successivamente andiamo alla ricerca di una pietanza consigliataci da Vanessa, ma diversamente da quanto accadde a Ninh Binh e a Hue non siamo soddisfatti di questo piatto tipico locale, un semplice Com Ga (riso con pollo) senza particolare gusto, a nostro avviso. Un giretto a piedi del paese e rientriamo in albergo a goderci il letto, molto più comodo di quelli che solitamente troviamo in altre sistemazioni. Buonanotte Hoi
An!
Per quanto il viaggio sia guidato dal puro istinto in merito a decisioni e destinazioni, pian piano arriva l’ora di organizzarsi un po’ meglio. Abbiamo il visto di un mese (per gli italiani 15 giorni sono gratuiti, per un permesso più lungo è necessario fare un visto), per cui il problema non è quando lasciare il Vietnam, ma quando raggiungere la Cambogia, la Thailandia e il Laos per fare una sorta di conta dei giorni e ritornare in tempo ad Hanoi entro la fine di Agosto. Pensandoci bene decidiamo che è quasi giunta l’ora di lasciare in fretta il paese, oramai anche Cristian ha avuto modo di conoscere le particolarità della cultura Viet. In ogni caso vorremmo tornare per almeno un’altra settimana verso la fine del nostro percorso, per un’ulteriore esplorazione di Hanoi. Decidiamo insomma le successive destinazioni: Quy Nhon – Nha Trang – Ho Chi Minh City. La tappa Hoi An – Quy Nhon è abbastanza lunga e tortuosa, circa 300 chilometri resi molto difficili dalle condizioni stradali piuttosto proibitive. I cantieri a cielo aperto sono in media uno ogni pochi chilometri, ciò compromette la tranquillità del viaggio e l’eventualità di brevi escursioni durante la giornata. Ricordo ancora bene questa traversata di un giorno, l’impazienza di arrivare a Quy Nhon graziata nelle ultime ore di viaggio da un percorso più tranquillo in cui finalmente possiamo ammirare il paesaggio che piano piano cambia sotto i nostri occhi vigili. Dalle collinette tipiche del nord del Vietnam ci stiamo addentrando in un paesaggio più desertico, fitto di piante di palme di cocco. Anche per questo le nostre pause diventano molto più salutari e passiamo dalla classica Red Bull o dal solito caffè, al succo di cocco, gustosissimo e abbondante. Per 1,50$ si può avere una noce di cocco intera, con ghiaccio e volendo in aggiunta dello zucchero. Non scorderò mai i piccoli “bar” presenti lungo l’ AH1 vietnamita, in cui l’attività d’impresa familiare è composta da pochi animali d’allevamento presenti nel retro della casa e in quella di dissetare motociclisti, viaggiatori e camionisti che macinano chilometri su chilometri ogni giorno.
L’AH1, Asian Highway, è una strada che arriva dalla Cina e che prosegue poi per la Cambogia, ricordo che una sera durante il viaggio ho deciso di informarmi meglio sulla questione per leggere che è una delle strade più lunghe del mondo: essa parte dal Giappone e prosegue ipoteticamente lungo il mare verso le Coree, successivamente entra in Cina e va verso sud lungo tutto il Sud Est Asiatico per concludere, dopo migliaia di chilometri, al confine con la Bulgaria. Secondo informazioni più recenti posso dire che adesso (2016) l’AH1 vietnamita è in ottimo stato, tutti i
lavori sono conclusi per cui chi volesse intraprendere un viaggio simile a questo non si preoccupi, certamente sarete molto più fortunati di noi e il vostro viaggio sarà molto più confortevole del nostro.
6° Tappa, Hue – Hoi An. L’inizio della salita verso Van Pass.
Bando alle ciance, il nostro arrivo a Quy Nhon è alquanto trionfale e siamo accolti da strade larghissime, secondo lo standard locale, piazze con bandiere alzate a mezz’asta a celebrare l’importanza del partito (unico) vietnamita e della Nazione. Preso dall’emozione scatto qualche foto a Cristian in movimento e ci sistemiamo per la nottata. Bagno al mare, doccia, cena ultra economica nel piazzale principale della città, acquisto di mascherine antismog, nuovo bastone per i selfie e andiamo a dormire stravolti dalle fatiche del giorno, senza prima però esserci preoccupati per alcuni rumori che provengono dalla ruota anteriore della moto di Cristian. Il giorno dopo ripartiamo, ma a tutti coloro i quali volessero visitare una meta tranquilla ma in una città piuttosto sviluppata consiglio una permanenza più lunga a Quy Nhon. Una città con tante comodità ma che permette di non perdere la scoperta della cultura locale in quanto totalmente fuori dagli schemi degli tour operator che offrono viaggi organizzati agli occidentali. Nella nostra breve permanenza ne vediamo veramente pochi!
Gianluca Bigio
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